Silvia Fanti, Milovan Farronato, Marie de Brugerolle e Giorgio Fasol – la giuria del premio Prix K-Way Per4m dedicato alla performance – premiano ex equo gli artisti Julien Bismuth e Christian Falsnaes.
La seconda edizione di Per4m – la sezione ad Artissima dedicato alla performance – vede due vincitori ex equo, Julien Bismuth eChristian Falsnaes, a cui è stato assegnato il Prix K-Way Per4m (10.000 euro), . La giuria per l’edizione 2015 è composta da Marie de Brugerolle, curatrice indipendente e scrittrice, Lyon; Silvia Fanti, Xing, Bologna; Milovan Farronato, Fiorucci Art Trust, London; Giorgio Fasol, collezionista, Verona.
Seguono i testi pubblicati in catalogo dedicato al lavoro dei due artisti, scritti di curatori Chris Sharp e Sophie Goltz.
L’artista franco-americano Julien Bismuth, residente a New York, è approdato all’arte contemporanea seguendo un percorso poco ortodosso. Laureato in letteratura comparata, incentra il suo lavoro sull’esplorazione del rapporto tra la scrittura, il linguaggio e le pratiche associate alle arti visive, come la scultura o la creazione di oggetti, il video, il disegno, il collage e la fotografia. Benché operi all’interno di una tradizione palesemente concettuale, Bismuth non ne accetta passivamente i termini usuali ma li rinnova criticamente. Non rigorosamente analitica, la sua attività è visibilmente mirata alla qualità plastica della produzione. “Molte delle opere che sto realizzando adesso”, scrive a proposito della sua pratica, “nascono dal desiderio di reinventare la struttura convenzionale delle cosiddette pratiche concettuali nelle quali il testo è visto come un veicolo per un lavoro e un’idea”. I due poli intrecciati della sua azione artistica – quello visivo e quello linguistico – più che spiegarsi, si complicano a vicenda, arricchendosi reciprocamente e problematizzando i loro rispettivi status.
A Per4m, Bismuth presenta la performance Untitled (Lull) (2015). Composta da due momenti paralleli e correlati, la performance inizia con l’artista che scrive estemporaneamente un testo su uno schermo bianco, che ricorda una pagina. Quello che scrive viene tradotto da un interprete a una velocità ridotta rispetto a quella della sua digitazione. Poiché la scrittura è molto più lenta della parola, il processo di traduzione, che è già di per sé un atto innaturale, diventa ancora più artefatto, isolando ogni vocabolo mentre viene composto e, ben più significativamente, pronunciato. Il procedimento crea un gap al centro stesso del linguaggio, che, sottolineando e individuando radicalmente i contorni di ogni parola, ne amplifica la presenza, conferendole una materialità quasi metaforicamente palpabile.
Chris Sharp