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#ArtissimaLive BLOG – Ketchup Drool

28 Ottobre 2015

L’alfabeto mi riportava a un immaginario scolastico da “bignami” a scuola che trovo divertente, ma ha anche una tradizione grandiosa alle spalle, ad esempio è stato usato come escamotage da Warhol e c’è la famosa intervista-abbecedario a Deleuze…

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Da Giovedì 8 Ottobre Lucrezia Calabrò Visconti, in collaborazione con Artissima, sta curando il blog Ketchup Drool, un conto alla rovescia “alfabetico” in attesa dell’apertura della fiera. Ogni giorno la curatrice presenta un lavoro che troveremo tra gli stand in fiera attraverso una selezione di link, video, gif, PDF e materiali non meglio identificabili trovati sul web.

L’ultimo post è dedicato alla lettera N: ORM: THE MODEL BODY

Le abbiamo fatto qualche domanda per capire in che modo è nato e si è sviluppato il progetto.

ATP: Il Ketchup drool è quel liquido che si forma sul ketchup se non agitiamo bene la bottiglia prima di versarlo. Perché hai deciso di chiamare in questo modo il progetto?

Lucrezia Calabrò Visconti: Come il liquidino che cola prima del ketchup, anche i post di KD sono un’anticipazione del vero succo (Artissima), ma ibridato con materiali dal web di ogni genere – dal testo integrale trovato abusivamente in pdf a immagini delle più svariate, alle gif stupide. In secondo luogo c’è un gioco di parole su Ketchup = Catch Up, come “aggiornamento” sulla fiera (immagino non lo avrà notato nessuno, ma ora ATP lo sa!), e mi piaceva molto il fatto che la connotazione con cui il termine si usa di solito sia fastidiosa o comunque un po’ schifosa, e decisamente da “urban dictionary”: vorrei che il titolo ponesse subito i lettori in quell’ottica a basso profilo e ironica da cui di solito nascono spunti interessanti ma onesti. Per un motivo di reperibilità dei materiali la rubrica è in inglese, quindi forse è stato coerente usare un termine internazionale, ma all’inizio volevo trovare un corrispettivo italiano o torinese al ketchup drool (peccato che la bagna cauda suonasse così male).

ATP: In che modo è nata l’idea del conto alla rovescia usando l’alfabeto?

LCV: Prima di tutto mi serviva impormi un limite di qualche genere: senza usare un criterio limitante avrei rischiato di parlare solo di artisti e progetti che mi interessano personalmente, facendo una specie di esercizio di gusto abbastanza sterile, credo. Ovviamente è inevitabile che i miei gusti trapelino un minimo, ma il limite dell’alfabeto mi porta a cercare criteri interni di coerenza diversi dal semplice “mi piace”, e a concentrarmi di più sui materiali che mi trovo davanti. L’alfabeto mi riportava a un immaginario scolastico da “bignami” a scuola che trovo divertente, ma ha anche una tradizione grandiosa alle spalle, ad esempio è stato usato come escamotage da Warhol e c’è la famosa intervista-abbecedario a Deleuze… Materiali che non fa mai male divulgare a loro volta !

Matteo Mottin

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