Emalin: Emalin compie tre anni a settembre, e anch’io e Angelina festeggiamo il nostro anniversario: dieci anni di amicizia. Emalin è iniziato come una serie di mostre nomadi. Subito dopo i nostri studi universitari in Scozia, nel 2013, ci siamo trasferiti a Londra e abbiamo deciso che il modo migliore e più veloce per immergerci in questa nuova realtà sarebbe stato organizzare progetti ambiziosi insieme ad artisti a cui teniamo. Questi progetti ci hanno portato in una scuola abbandonata dell’inizio del XIX secolo in Svizzera, in un complesso per uffici a Milano, fino alla spiaggia di Bahia e a una chiesa barocca a Napoli, solo per citare alcuni dei luoghi che hanno ospitato le nostre iniziative. Dopo due anni, nove mostre e un master in storia dell’arte, ci siamo resi conto che il passo successivo nell’equazione sarebbe stato aprire uno spazio permanente. Nonostante l’entusiasmo e l’impegno profuso nelle nostre mostre itineranti, gli artisti, gli amici e i collezionisti con cui stavamo lavorando in qualche modo si aspettavano che ci sistemassimo, prendessimo posizione e sviluppassimo la nostra attività nel programma di una galleria. Avere uno spazio permanente ha ovviamente comportato nuove sfide, ma ci ha anche permesso di coinvolgere un pubblico più ampio e lavorare con una serie di limitazioni strutturali che stiamo ancora cercando di mettere in discussione ogni volta che organizziamo una mostra. Come è iniziato tutto per voi? Vediamo che il vostro spazio a Milano è l’arcata di un sottopassaggio ferroviario. È divertente perché praticamente chiunque a Londra abbia voluto aprire un project space, ad un certo punto ha pensato di affittare uno spazio del genere: a Londra ce ne sono moltissimi sfitti, e li associo immediatamente alla scena della città. Perché avete scelto Milano?
Fanta: Grazie Leopold e Angelina per il vostro racconto. A dire il vero, abbiamo molte cose in comune! Ci siamo conosciuti nel 2013 a Milano, mentre lavoravamo tutti da Zero… Da allora siamo diventati grandi amici, e anche se abbiamo finito per lavorare in posti diversi siamo rimasti in stretto contatto. Nel 2015 abbiamo aperto insieme Fanta Spazio, che per tre anni ha operato come uno spazio no profit. Al tempo lavoravamo tutti in posizioni diverse in altre gallerie a Milano, ma sentivamo il bisogno di sperimentare e collaborare con una generazione di artisti che ammiravamo e che era più vicina alla nostra. In tre anni come project space abbiamo organizzato nove mostre, la maggior parte delle quali personali di artisti italiani con cui ci siamo confrontati in profondità. Dopo tre anni il panorama a Milano era cambiato molto – hanno aperto diversi spazi – e soprattutto in ragione di questo dialogo ininterrotto con gli artisti abbiamo sentito il bisogno di cambiare e di impegnarci a lungo termine. Ecco perché nell’estate del 2018 abbiamo terminato la nostra attività come spazio no profit e nell’ottobre 2018 Fanta-MLN ha riaperto come galleria, proponendosi di lavorare in modo più coerente con il discorso che avevamo proposto, e di aprirlo a nuovi dialoghi. Abbiamo deciso di rimanere a Milano perché è la città che abbiamo scelto fin dall’inizio, e qui ci sentiamo parte di una comunità. Allo stesso tempo, come abbiamo detto, negli ultimi anni la scena artistica in città si è sviluppata molto, e vogliamo continuare ad apportare il nostro contributo, anche introducendo per la prima volta a Milano dall’estero alcune posizioni artistiche in cui crediamo fortemente.
Una differenza è che noi abbiamo avuto uno spazio permanente sin dall’inizio, un ex magazzino sotto la massicciata della ferrovia fin da quando abbiamo aperto nel 2015. È vero che lo spazio è abbastanza simile a quello di alcune gallerie di Londra, ma per Milano è una location piuttosto insolita, che ha finito per caratterizzare molto il nostro programma e la nostra identità. Quando l’abbiamo trovato, ci siamo subito innamorati delle possibilità avrebbe potuto offrirci. Essendo così diverso da un white cube, è sempre stato eccitante, sia per noi che per gli artisti, affrontare le sfide insite in una struttura di questo tipo. L’abbiamo sempre mantenuto abbastanza a rustico, ma nel corso degli anni è cambiato molto, e abbiamo cercato di conservare ogni volta le tracce di questi cambiamenti. Il progetto più ambizioso in questo senso è stata la prima mostra personale di Margherita Raso nel 2017, per la quale ci ha chiesto di rimuovere completamente il mezzanino in legno che avevamo avuto per i primi due anni.
Dopo un anno da galleria stiamo lavorando al programma per il prossimo anno e inizieremo a partecipare ad alcune fiere d’arte e progetti in collaborazione con altre gallerie, sia in Italia che a livello internazionale. Dopo Art-o-Rama a Marsiglia, abbiamo partecipato a Condo ad Atene a settembre, e a novembre andremo ad Artissima. Anche se vogliamo concentrarci sulle nostre mostre, che spesso sono il risultato di diversi mesi di dialogo con gli artisti, crediamo sia importante iniziare a fare progetti al di fuori dello spazio, come modo per interagire con contesti diversi, raggiungere un pubblico più ampio e, soprattutto, costruire relazioni con altre gallerie a noi simili, creando una comunità che trascenda la nostra scena locale. Ci sembra che voi abbiate fatto le fiere sin dall’inizio; come è stata la vostra esperienza in questo senso finora? Come bilanciate il programma in galleria con la partecipazione a queste manifestazioni internazionali?
Emalin: Giusto! Come sono andate Marsiglia e Atene? Hot Wheels Projects, che vi ha ospitato, ha un significato speciale per noi: Julia Gardener, la persona che l’ha aperto con Hugo Wheeler, è stata la nostra prima assistente quando abbiamo aperto la galleria, ed è stata fondamentale nelle prime fasi di Emalin. Poi è partita per Atene e ha iniziato un suo progetto. È bello vedere come nascono cose nuove in contesti diversi, ma con filosofie simili.
È stato davvero uno sviluppo insolito il fatto partecipare alla nostra prima fiera prima ancora di inaugurare la galleria come uno spazio permanente. È nato da un invito di una nostra cara amica che era curatrice della sezione Emergent e, dato che io e Angelina avevamo un’esperienza limitata nel mondo delle gallerie, è stato un bel modo di fare un crash course e di conoscere colleghi e collezionisti più velocemente. Il nostro obiettivo è e rimane la produzione di progetti e mostre interessanti, che possono essere realizzati anche nel un contesto di una fiera. Quest’anno ad Artissima avremo addirittura due stand: uno in Present Future, con una grande installazione di Augustas Serapinas, e uno nella sezione New Entry, con gli ultimi lavori di Athena Papadopoulos. In entrambi i casi, le opere sono state esposte in precedenza nel Regno Unito, ma solo per un breve periodo di tempo (l’installazione di Augustas Blue Bread a Glasgow International) o in un contesto regionale (le sculture di Athena sono state esposte questa estate all’Humber Street Gallery, a Hull). In questo modo, la fiera diventa un veicolo per riportare in circolazione il lavoro, reimmaginarlo in un diverso contesto geografico e, in entrambi i casi, esporlo a un pubblico che molto probabilmente non l’avrebbe visto alla prima occasione. Entrambe gli stand richiedono un grande sforzo logistico, che siamo felici di fare perché, ad oggi, sono per entrambi le opere fondamentali della loro carriera. Riteniamo inoltre che i collezionisti italiani siano più aperti al rischio, e che apprezzino e comprendano lavori che, a prima vista, potrebbero non essere tra i più facili da collezionare. Qual è la vostra esperienza con Torino, e coi collezionisti italiani in generale? Con quanto anticipo avete scelto l’artista che poterete e perché avete pensato che Artissima fosse il contesto giusto per il progetto che farete a novembre?
Fanta: Sia Atene che Marsiglia sono state belle esperienze! Abbiamo avuto la possibilità di incontrare persone molto interessanti e di passare del tempo con le gallerie che rispettiamo molto. È bellissimo sapere che conoscete Hugo e Julia! Con la collettiva hanno aperto, anche loro hanno compiuto il passaggio da project space a galleria. Quello che dite riguardo alla vostra esperienza con fiere, e in particolare sul fatto che possano essere considerate un contesto in cui sviluppare progetti interessanti ha perfettamente senso! In particolare, per noi avere uno spazio così specifico dal punto di vista architettonico significa che a volte gli artisti con cui lavoriamo pensano a progetti che vorrebbero presentare in uno spazio più “neutrale”. È il caso, ad esempio, del nuovo corpus di lavori di Alessandro Agudio che abbiamo presentato a Marsiglia, per il quale il contesto della fiera era molto più vicino all’ambiente “domestico” su cui riflettono e con cui vogliono dialogare.
Per Artissima presenteremo un dialogo tra Noah Barker e Lorenza Longhi. Non appena abbiamo deciso di partecipare alla fiera, abbiamo pensato che questa potesse essere la situazione perfetta in cui presentare le loro opere insieme, alcune di esse già esistenti e altre che verranno mostrate per la prima volta. In particolare, dopo aver chiuso una mostra personale di Noah Barker quest’estate, in cui la principale “performance” era il processo di traduzione e ripubblicazione del testo “Lavoro intellettuale e sviluppo capitalistico” di Mandredo Tafuri, abbiamo pensato che Artissima sarebbe stata un contesto perfetto — sia spazialmente che temporalmente — per presentarne l’esito. Lorenza Longhi presenterà un’opera che è stata in mostra all’inizio dell’anno in una mostra collettiva al Museum im Ballpark di Kriens, e un nuovo lavoro che fa parte della serie che ha prodotto per la sua mostra in galleria.
Siamo entusiasti di partecipare alla nostra prima fiera in Italia, pensiamo che sarà un passo importante per noi. Diversamente da voi, noi abbiamo già lavorato in gallerie e quindi abbiamo una certa familiarità con il pubblico italiano, ma essere in fiera e accanto a tutti gli altri espositori sarà la prima occasione “ufficiale” per presentarci come galleria a molti di loro. Torino ha una storia lunga e appassionante, grazie anche al lavoro della scena locale e delle sue istituzioni, e Artissima è un appuntamento imperdibile per la maggior parte dei collezionisti italiani. Non vediamo l’ora di esserci!