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The Underground Cinema

La collaborazione tra Intesa Sanpaolo e Artissima è proseguita nel 2024 con la terza edizione della rassegna di film e video d’artista, ospitata negli spazi di Gallerie d’Italia – Torino, con la mostra The Underground Cinema, a cura di Irene Calderoni (Direttrice artistica, Scuola Piccola Zattere, Venezia). La rassegna di opere video, molte delle quali esposte per la prima volta in Italia, ha visto la partecipazione di artiste rappresentate dalle gallerie partecipanti ad Artissima: Pauline Boudry & Renate Lorenz (Ellen de Bruijne Projects, Amsterdam), Alice Bucknell (IMPORT EXPORT, Varsavia), Stephanie Comilang (ChertLüdde, Berlino), Pauline Curnier Jardin (Ellen de Bruijne Projects, Amsterdam, ChertLüdde, Berlino), Valentina Furian (UNA, Piacenza), Lungiswa Gqunta (WHATIFTHEWORLD, Cape Town), Beatrice Marchi (Federico Vavassori, Milano), Lili Reynaud Dewar (Layr, Vienna) e Silvia Rivas (Rolf Art, Buenos Aires).

Traendo spunto dalle peculiarità della sala espositiva del museo, architettura ipogea e immersiva, il titolo – The Underground Cinema – ha voluto rievocare le riflessioni di Robert Smithson sulla fruizione cinematografica come esperienza fisica e psichica di abbandono, in cui la memoria della visione si perde in “una selva di altrove”. La selezione delle opere, presentate in una sequenza di montaggi caleidoscopici, ha istituito molteplici rispecchiamenti con uno stato quasi-ipnotico, liminale, non tuttavia come forma di distacco dalla realtà, ma come strategia di accesso a un livello più profondo di memoria, desiderio, conoscenza e azione. In dialogo con la più ampia cornice tematica di Artissima, il progetto ha esplorato immaginari onirici, sospesi tra la veglia e il sonno, la luce e l’oscurità, la realtà e la sua proiezione sullo schermo.

Nell’ambito di questa collaborazione, nel 2023 era stata presentata La Condizione Umana, a cura di Jacopo Crivelli Visconti, e nel 2022 Collective individuals a cura di Leonardo Bigazzi.

Opere

Pauline Curnier Jardin

Lucciole (Fireflies), 2021

La pratica artistica di Pauline Curnier Jardin (Marsiglia, 1980) include installazioni, performance, film e disegni. Le sue installazioni cinematografiche creano universi non convenzionali e narrano storie proponendo narrazioni alternative. Al centro della sua opera c’è il rifiuto di identificarsi con le maschere e i contrassegni della violenza, le categorie e i generi di visibilità e narrabilità che supportano e naturalizzano questa violenza. Le sue opere esprimono una profondà solidarietà contro le violazioni e le sottomissioni, schierandosi con le vivide e incessanti ribellioni contro il contesto globale di sottomissione della vita. “Fireflies” (2021) è una meditazione collaborativa sugli spazi liminali e il desiderio. Il film è stato realizzato insieme alle sex workers della Feel Good Cooperative di Roma e girato ai margini della città, dove un tempo c’erano le lucciole. Oggi i fari delle auto fungono da proiettori e i clienti cercano le sex workers attraverso i lampi di luce. Queste, a loro volta, possono essere illuminate da una torcia elettrica puntata sui corpi invisibili, da un braciere o da un piccolo falò. La maggior parte delle sex workers transessuali che operano lì ricordano ancora le lucciole.

Lungiswa Gqunta

Rolling Mountains Dream, 2021

Lungiswa Gqunta (b. 1990, Gqeberha, Sudafrica, 1990) è un’artista multimediale che utilizza la scultura, la performance, la stampa d’arte e le installazioni per decostruire ed evidenziare modalità spaziali di esclusione e oppressione. Le opere di Gqunta fungono da luoghi di resistenza, offrendo uno spazio per la riflessione sulla proprietà della terra e il suo uso, il lavoro e il potenziale per recuperare la conoscenza perduta. “Rolling Mountains Dream” (2021) traccia l’intangibile mondo dei sogni come uno spazio di apprendimento dove straordinari, negletti e screditati luoghi di conoscenza sono illuminati. Gqunta considera i sogni come una risposta alle recinzioni imposte ai sistemi di conoscenza africani e uno spazio dal quale può emergere una nuova conoscenza. L’artista spiega di avere sognato un’onda gigantesca, come uno tsunami, attraverso la quale poteva camminare come se stesse attraversando delle montagne. Questo sogno ricorrente le ha ispirato il video “Rolling Mountains Dream”.

Beatrice Marchi

Autoritratto dormiente in 'Der Jungbrunnen', 2019

Utilizzando diversi media come il video, la performance e la pittura, Beatrice Marchi (1986, Gallarate, Italia) lavora con una serie di personaggi che le permettono di raccontare momenti di esperienza personale per mettere in discussione questioni collettive come gli stereotipi di genere, il desiderio di appartenenza o il conflitto generazionale. Attraverso lo sguardo del clown o dell’animale, osserva le dinamiche di potere, controllo e vulnerabilità che caratterizzano le società umane. Nella video animazione “Autoritratto dormiente in 'Der Jungbrunnen'” (2019), la Fontana della Giovinezza tratta da un dipinto di Lucas Cranach il Vecchio diventa il set in cui l'autoritratto dell'artista come una marionetta con gli occhi chiusi, pedala incessantemente sostenuto dal suo doppio.

Alice Bucknell

The Alluvials Chapter 1: California pilled, 2023

Alice Bucknell (Sarasota, Florida, 1993) è un’artista, scrittrice ed educatrice con un interesse particolare per i motori di gioco e la fiction speculativa. La sua opera più recente si è focalizzata sulla creazione di universi cinematografici all’interno dei mondi del gioco, esplorando le dimensioni affettive dei videogames come interfacce per comprendere i complessi sistemi, le relazioni e le forme della conoscenza. “California Pilled” (2023) è il primo capitolo della serie “The Alluvials”, che esplora la politica della siccità e della scarsità dell’acqua in una versione di Los Angeles del prossimo futuro. La storia è narrata attraverso molteplici prospettive più che umane, incluso il Los Angeles River, un incendio e il fantasma del leone della celebrity mountain. Mescolando storia, futuro e fiction, “The Alluvials” si focalizza sulle scivolose interazioni tra l’ecologia ingegnerizzata, i disastri del capitalismo e i sistemi non umani che plasmano Los Angeles. Attraverso il riconoscimento dei rapporti delle popolazioni indigene con l’acqua, in particolare i Tongva del bacino di Los Angeles, il progetto evidenzia come la natura sia un sistema intelligente, una tecnologiaa a pieno titolo.

Valentina Furian

CIACCO NC, 2021

Valentina Furian (1989, Venezia, Italia) si occupa principalmente di immagini in movimento e installazioni time-based. Utilizza il film, la performance e il disegno per indagare il rapporto tra realtà e finzione. La sua ricerca nasce dalla relazione interspecifica tra essere umano ed essere naturale, ricercando il valore del selvaggio nella vita di tutti i giorni e indagando l’addomesticamento animale e umano come forma di potere. “Ciacco” (2021) nasce da una re-interpretazione del VI canto dell'Inferno della Divina Commedia, quando Dante e Virgilio giungono al terzo cerchio, il girone tartareo dei peccatori di gola, incontrando l'omonimo dannato che dà il nome a questo video. Ciacco è lo sguardo attraverso cui siamo spettatori, protagonisti e cani. Gli occhi di un dannato colpito incessantemente da una tempesta ciclica di immagini, istinti, pioggia, che giace sotto i tormenti bestiali di Cerbero, cane gigantesco e spaventoso, triade ferina. I luoghi del film diventano tappe esplorative dello spettatore, in questa “lunga notte del mondo” che stiamo vivendo.

Stephanie Comilang

Lumapit Sa Akin, Paraiso (Come to Me Paradise), 2016

Stephanie Comilang (Toronto, 1980) è un’artista filippino-canadese la cui opera è incentrata sull’esperienza della migrazione e su come essa riduca le persone a individui anonimi che vivono e lavorano in un instabile altrove. Attraverso una pratica da lei denominata “documentario fantascientifico”, Comilang crea film in cui le narrazioni sono affidate a voci e punti di vista multipli, riflettendo su come la cultura e la società affrontino aspetti salienti del mondo globalizzato come la mobilità, il capitale e il lavoro. Il film del 2016 “Lumapit Sa Akin, Paraiso (Come to Me Paradise)” narra le vite di tre lavoratrici domestiche filippine che alla fine di ogni settimana trasmettono digitalmente in patria le loro storie e i loro ricordi. Il film si focalizza sulla bellezza del loro lavoro di caregiver, esplorando al tempo stesso come la tecnologia sia usata come modo fondamentale per connettersi. Sollevando interrogativi sull’isolamento moderno, le migrazioni economiche e il ruolo dello spazio pubblico in ambito sia urbano sia digitale, il film ci offre una riflessione sul presente dal punto di vista del futuro.

Silvia Rivas

Ejercicio individual I (Individual Exercise I), 2015

Silvia Rivas (Buenos Aires, 1957) lavora con video e performance, installate spazialmente ed esposte, come medium centrale della sua pratica artistica. Interessata alla possibilità di catturare idee visive radicate nel tempo, l’opera di Rivas esplora le situazioni in cui questo concetto si materializza come una presenza ineludibile. Nella sua visione, un atteggiamento di tenace resistenza, fermamente applicato alla percezione del momento presente è la risorsa per affrontare un contesto turbolento. I suoi lavori problematizzano il presunto realismo dell’immagine in movimento, riflettendo sul potere della narrazione audiovisiva e interrogandosi sulle immagini e i loro riferimenti. Tratto dalla serie “Momentum, Individual Exercise” (2015) presenta un’azione che è definita come una decisione di arrendersi all’opacità del divenire. Invano cerchiamo di controllare il corso delle nostre esistenze. Forse, il nostro potenziale si manifesta come un’esperienza nel preciso istante che ne precede il risultato, in una condizione di vertigine, la sensazione di svegliarsi cadendo.

Pauline Boudry and Renate Lorenz

Les Gayrillères, 2022

Pauline Boudry e Renate Lorenz hanno lavorato insieme a Berlino a partire 2007, creando installazioni che coreografano la tansione tra visibilità e opacità. I loro filmati catturano performance che si svolgono davanti alla macchina da presa, iniziando spesso con una canzone, un’immagine, un film o una colonna sonora del passato recente, e ribaltano le norme delle narrazioni storiche e le convenzioni della spettatorialità mettendo in scena a più livelli e reimmaginando figure e azioni di epoche diverse. “Les Gayrillères” (2022) ci dice che essere sotto i riflettori, visibili, è una precondizione politica per rivendicare i propri diritti. Ma i corpi queer, devianti e razzializzati sono stati resi ipervisibili per essere scrutati e vigilati. I Gayrillères si muovono nell’oscurità ma anche in spazi di totale luminosità, dove le luci accecanti offrono un rifugio in cui nascondersi. La coreografia mostra una serie di passi per una guerriglia gay, basandosi sull’imprevedibile potere di corpi che si muovono di concerto, sperimentando forme di solidarietà.

Lili Reynaud-Dewar

Thomas, May 24th 2023, room 005, rue Constance, Paris, 2023

Lili Reynaud-Dewar (La Rochelle, Francia, 1975) adotta approcci diversi, discorsivi, pedagogici, contemplativi o estetizzanti. Evitando principi guida e motivi specifici, la sua opera insiste nell’introdurre temi sociali nel campo artistico, evidenziando le contraddizioni che ciò comporta.
Il film Thomas, “May 24th 2023, room 005, rue Constance, Paris” (2023) fa parte della serie “Hello, my name is Lili and we are many”, nella quale ha intervistato in camere d’albergo undici uomini che conosce di persona: famigliari, amici o colleghi. In questo caso, Thomas è un amico e un artista. Nei film approcciamo diverse generazioni di individui che rientrano nella categoria sociale degli “uomini” e condividono la loro esperienza sulla costruzione dell’identità maschile. Evitando la definizione di qualsiasi schema generale di mascolinità, il progetto affronta questioni relative al senso di appartenenza e al retaggio, la consapevolezza, il determinismo e la riproduzione di archetipi.
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